Oggi sono salito ancora una volta sul Monte Acuziano, alla ricerca dell’eremo di S.Martino. Mi sono portato il libro di Gianfranco Trovato (“Insoliti monumenti sabini”), in cui si parla distesamente dei luoghi e di come raggiungerli. Ma poi, come mi succede spesso, non ho seguito le sue indicazioni ma ho fatto di testa mia. Risultato: mi sono perso tra i cespugli di ginestra e i rovi. Allora sono tornato indietro, fino ai ruderi della chiesa in vetta, e da lì sono sceso sull’altro versante.
Al primo passaggio l’eremo mi è sfuggito: secondo me mi si nascondeva… Sono arrivato a un altro rudere ma non era l’eremo, quanto un edificio con cisterna. Dal libro ho avuto conferma che l’eremo doveva essere prima e allora sono tornato indietro. Ci ho girato intorno e non l’ho visto, coperto dalle piante com’è, poi però ci sono finito proprio davanti e non ho potuto non vederlo.
Per trovare l’ingresso alla cripta ho dovuto fare un altro giro. Già disperavo e mi proponevo di tornare con tanto di guanti e cesoie per aprirmi la strada, quando all’improvviso ho visto il varco e sono arrivato in cima alle scale.
Ho scavalcato l’albero che è cresciuto davanti all’ingresso, quasi un blocco naturale e sono sceso. E ho visto questo.
Una cripta in una grotta naturale, come si vede bene dalla penultima foto. Dove c’erano affreschi assai antichi (forse addirittura del VI -VII secolo) ormai quasi completamente scomparsi. Una struttura costruita dove c’era un tempio pagano (probabilmente dedicato alla dea Vacuna, la madre-terra dei Sabini): sotto la grotta ce n’è un’altra, inaccessibile, dalla quale pare uscisse un soffio di vento caldo che fece nascere la leggenda del drago, che poi fu sconfitto da S. Lorenzo Siro. Il quale santo fondò la prima abbazia di Farfa e forse anche questo oratorio. Attorno a questa struttura nei secoli venne costruito un piccolo cenobio e molto probabilmente Gregorio da Catino, lo storico medievale delle glorie farfensi, visse, scrisse e morì proprio qui.
Ovviamente nella mia passeggiata non ho incontrato un’anima. Che peccato che cose così belle siano abbandonate e praticamente sconosciute.