È proprio vero che Roma in fondo è piccola e s’incontra chiunque. Ma un coniglio non mi aspettavo proprio di vederlo ieri sera a Caracalla, dove eravamo andati, Daniela e io, per il Barbiere di Siviglia. Se ne stava lì, nero, su di un prato verde (ovviamente), immobile nel tramonto, sullo sfondo di muri imperiali e imperiosi. E di alte siepi.
Inizio curioso per una serata proprio bella. Con una opera splendida come il Barbiere (se mi aveste chiesto prima di raccontarvi la trama, avrei farfugliato qualche sciocchezza, ma poi, quando è partita la musica, tutto mi è ritornato in mente), in una serata in cui spirava un bel Ponentino (ma allora non è vero che non c’è più…), con una regia scintillante e senza un attimo di noia (senza dubbio l’elemento più notevole), con un cast tutto sommato accettabile e una direzione niente affatto male. Poi, certo, nella trentesima fila il suono dell’orchestra giunge un po’ lontano; ci sono i soliti dementi che girano con moto rumorosissime sulla Passeggiata archeologica; qualcuno, da qualche parte di Roma, ha fatto qualche botto; è passato pure un elicottero non troppo lontano: ma tutto questo fa parte del folclore di Caracalla (di cui non fa più parte invece il bibitaro, che passava all’intervallo e che non passa più…).
Insomma il coniglio è stato di buon auspicio. Qui sotto qualche foto, scattata quando si poteva. Il tramonto verso il Palatino. Il palco tra i due atti. Una panoramica prima dell’inizio (come vedete siamo entrati tra i primi, con solo mezz’ora d’anticipo…).


