C’è un angolo di casa nostra che mi piace tanto, anche se ormai quasi non ci fo caso più di tanto. È di passaggio, è il pianerottolo sulle scale interne: di solito ci si passa, in salita o in discesa, avendo in mente altro. E invece ha la sua bellezza.
Sulla colonnina di legno dal piatto di marmo c’è un potos che porto con me da tanti anni e che ogni tanto ravvivo con innesti di rami da altri potos che faccio radicare in alcune bottigliette di bibite che ho sulla finestra dello studio, cosicché adesso è bello rigoglioso. Ieri ho visto una scena della serie Gomorra e c’era un personaggio che si chiamava Tupé: mi ha fatto pensare al mio potos (che se gli volessi male in realtà dovrei chiamarlo Silvio, ché non di toupet si tratta quanto di vero e proprio trapianto, seppur di potos…).
Sopra, i due quadri sono entrambi a firma Barillà. Quello a sinistra, la colomba della pace dalla coda arcobaleno, è di mio cognato Giuseppe (che purtroppo non c’è più), che di mestiere faceva il giornalista ma aveva un estro artistico fuori dal comune: ha dipinto tanti quadri di una bellezza notevole, con una sua vena surreale e un gran gusto del colore che riuscivano sempre a fargli tirare fuori un’altra faccia della realtà. Quello di destra, il ritratto, è l’autoritratto dello zio Pietro, un fratello del padre di Daniela, pittore della scuola napoletana degli anni 20-30. Un altro suo quadro assai bello, La ballerina, illumina l’angolo pranzo.
Tante storie anche solo in in angolo…
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