Ho sempre avuto una spiccata propensione per i numeri. Addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni… mandare numeri a memoria mi è sempre stato assai facile. Quelli del telefono, ad esempio: chi aveva bisogno della rubrica? Non io, che li sapevo tutti a mente. Adesso le cose sono un po’ meno facili. Perdo qualche colpo, lo confesso (ma più sui nomi che sui numeri, comunque, e poi, con i cellulari e le loro rubriche, chi ha più bisogno di imparare dei numeri a memoria?).
Epperò il numero di targa della prima mitica mille-e-cento grigia di papà (grigia un po’ smorta, certo non metallizzata) è impossibile da dimenticare. La vecchia Fiat con cui negli anni 50 ai primi d’agosto papà partiva alle sette da Roma e in dodici ore (ancora non c’era l’autostrada del Sole) arrivava a Ziano, proprio in tempo per la cena, dopo essere passato per la Cassia, Firenze, la Futa, Bologna, e poi la Bassa, Verona e la Val d’Adige, fino a Ora e alla Statale 48, su per Fontane Fredde e il Passo di San Lugano. La mitica mille-e-cento con cui salimmo tutti i passi delle Dolomiti, spesso in coppia con il maggiolino rosso dei Padalino.
Ventisei – cinquantatrè – novantacinque (ognuno ha il suo modo di imparare i numeri, e ogni numero ha il suo modo di dirlo). Non credo lo dimenticherò mai. Come non dimenticherò il sei -tre – quattro – quattro – cinque – due, la targa della mille-e-cinque che prese il posto della mille-e-cento all’inizio degli anni sessanta. Ma di questa parlerò un’altra volta…
Nella foto qui sopra, il sottoscritto appoggiato orgogliosamente alla mille-e-cento. Fine anni cinquanta.
sarà perché eravamo bambini e la nostra attenzione era rivolta a dettagli irrilevanti, il nostro hard disk aveva un sacco di spazio vuoto, o ancora perché la Macchina di Papà era un mito ma Roma 52 24 08 (con Roma scritto per intero cosa che mi faceva chiedere perché Bari invece fosse solo BA) per me è indimenticabile.
inutile dire che se qualcuno oggi mi chiede la targa della mia attuale macchina non so rispondere….
siamo nella curva discendente, sotto quest’aspetto almeno. Ma quand’è che siamo arrivati all’apice, che neanche ce ne siamo accorti?
L’ha ribloggato su enricogalantinie ha commentato:
Per un po’ l’ho anche giocata al lotto, la targa della mille-e-cento di papà (e anche quella della mille-e-cinque), sulla ruota di Roma, ovviamente. Non ho mai vinto nulla (non sono mio fratello – che Dio ti benedica, Angelo caro…) e così ho smesso. Ma la triade 26, 53, 95 (al lotto giocavo il 9 e il 5) resta inchiodata nella mia mente. Il giorno che dovresti non ricordarla più comincerò a preoccuparmi…