Berlino, 30 gennaio 1926. Nella notte nevosa e nervosa della capitale tedesca una frenetica caccia al manoscritto, anzi a un carteggio più unico che raro, coinvolge alcuni personaggi di spicco del Comintern. Una caccia al tesoro cui partecipa suo malgrado anche Amadeo Bordiga, in viaggio verso Mosca per partecipare al VII Esecutivo allargato del Comintern dove combatterà l’ultima battaglia sul “socialismo in un paese solo” con Stalin, che ovviamente lo farà fuori (politicamente).
E così nomi storici del comunismo internazionale – Karl Radek, Anton Pannekoek, lo stesso Bordiga – assieme a personaggi storici come il giornalista Edgar Snow o il regista Fritz Lang, personaggi inventati di sana piante e altri presi a prestito da altre storie (come un giovane montenegrino di nome Nero Wolfe che ha appena deciso che nella vita farà solo quello che gli piace: mangiare manicaretti, coltivare orchidee e dipanare misteri) si affannano dietro a un carteggio che nasconde maneggi inconfessabili tra Ottto Bismarck e nientepopodimenoche Karl Marx.
Un pastiche tutto da godere, Un’avventura di Amadeo Bordiga, che lessi trent’anni fa (e ho riletto con gusto in questi giorni) quando uscì per i tipi di Longanesi, ad opera di Diego Gabutti, giornalista e scrittore. Di Bordiga, più che il pensiero (“Qua più nessuno è marxista – gli fa dire più o meno a un certo punto –, neanche Marx. Mi sa che l’unico marxista sono rimasto io…”) Gabutti apprezza la sua napoletanità e la verve sparse a piene mani per le pagine del romanzo. Fino all’irresistibile invito ai membri dell’Esecutivo allargato del Comintern nelle battute finali del libro: “Pilotatori del domani – urlò più forte – ‘iateve a cuccà! Andate a dormire! Siete impotenti anche a caricare la sveglia!”