Nel meraviglioso dvd/cd registrato dal vivo a Londra quasi quattro anni orsono, Leonard Cohen recita una sua poesia, da cui trasse il testo di una canzone dell’album Ten new songs, scritto con Sharon Robinson nel 2001.
Il titolo, della canzone e della poesia, è lo stesso. Ed è quello che ho usato, ovviamente, come titolo di questo post. Un verso bellissimo – a thousand kisses deep – che ricorre alla fine di tutte le strofe, sia della poesia, ovviamente molto più lunga (che si può leggere in un sito dedicato a Cohen con la data del 1998) che della canzone. E del “recitativo” di Londra, che come titolo porta solo Recitation, ed è un’ennesima variazione sul tema. Più asciutta, mi sembra. Meno letteraria. Più diretta. Più bella, a parer mio. (Aspettiamo con curiosità nuove variazioni sul tema…)
Ma che poggia anch’essa sulla profondità di quelle quattro parole (compreso l’articolo), che volendo potremmo tradurre “alla profondità di mille baci”, ma che è meglio gustare nel ritmo della lingua nativa, magari recitato dalla splendida voce di un Leonard Cohen in stato di grazia come in quella sera di Londra del 2008 (per l’esattezza si trattava del 17 luglio).
A proposito di Cohen, un piccolo aneddoto personale. Doveva essere il 1977, studiavo alla Sapienza. Un pomeriggio ero in aula che ascoltavo una lezione di Walter Pedullà quando, piano piano, gli studenti sgattaiolarono fuori uno a uno. Mi chiedevo cosa stesse succedendo. Ovviamente, da vero Galantini, non mi mossi fino alla fine. Venti minuti dopo, scendendo le scale con un’amica ligia come me, ci chiedevamo che cosa stesse succedendo. Dall’aula magna veniva una musica non del tutto ignota. “Però, sembra Leonard Cohen”, ci dicemmo. Era Leonard Cohen, che con due microfoni, uno per la voce e l’altro per la chitarra, invitato da Agostino Lombardo, stava cantando per noi studenti.
L’ha ribloggato su enricogalantinie ha commentato:
È morto un po’più di due anni fa. Ma in questi tempi di “riproducibilità tecnica”, muori per le persone care, quelle che ti vedono se non tutti i giorni almeno spesso, quelli che hanno il privilegio di conoscerti davvero. Per gli altri, quelli che hanno i tuoi dischi e li amano, non muori mai