Gli album della mia vita #9. Quando ero rollingstoniano

La copertina viola di Aftermath e quella celeste di Between the buttons (più la prima, comunque) sono state un elemento portante della mia colonna sonora nel biennio 1966 e 1967. All’epoca io ero, devo confessarlo, rollingstoniano e non beatlesiano. Un po’ per ragioni di contrapposizione, perché il mio amico Eugenio era beatlesiano, un po’ perché all’epoca tra un gruppo e l’altro c’era una bella gara di creatività (sentire questi album per credere). Certo, l’Enrico di oggi, con i suoi quasi 59 anni, la pensa assai diversamente dall’Enrico di allora. Oggi non ho dubbi: Revolver e Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band sono più belli, al di là di quanto e come abbiano influenzato l’evoluzione della musica degli anni successivi.

Se fossi uno storico del rock potrei ragionare su come un album di un gruppo influenzasse quello che l’altro gruppo avrebbe fatto uscire poi. Su come i Beatles  si sentissero sfidati dalle sperimentazione dei Rolling Stones. E viceversa. Su come, dall’altro lato dell’oceano, i Beach Boys, con il loro Pet Sounds, fossero stimolati da (e allo stesso tempo fossero da stimolo per) entrambi. Che anni davvero incredibili, quelli. E irripetibili.

Ma sono solo un musicofago e l’Enrico di allora adorava le atmosfere che Jagger e Richards riuscirono a creare, magari forzando la loro natura più portata al blues-rock, e con la collaborazione mai da sottovalutare di quel musicista poliedrico e mai contento che era Brian Jones. Nell’edizione che io avevo (che era quella inglese) mancava quel capolavoro assoluto che era Paint it black, uscito in Gran Bretagna e in Italia solo come singolo. Ma pezzi come Lady Jane o Mother’s little helper, la splendida Out of Time o la “popparola” Take or leave it, fino alla chilometrica e ironica maratona bluesy di Goin’ home, sono comunque la prova provata della grandezza di un disco che, sono sicuro, ha rappresentato per molti, non solo per me, una vera e propria pietra miliare della mia adolescenza. Molto di più, lo ammetto con un po’ di dispiacere, di quanto non lo siano stati Revolver o Sgt. Pepper’s.

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