Quante storie, Giardino

Vittorio Giardino  è uno dei più grandi narratori italiani viventi. Narratore per immagini, s’intende, visto che il suo campo d’azione sono quei fumetti che le persone à la page chiamano graphic novels. Ma comunque tra i più grandi.

Ne ho già parlato un po’ quando ho raccontato del mio acquisto della sua stampa firmata (a proposito: ho “raddoppiato”, anzi, sestuplicato, comprando un portfolio di suoi disegni litografati a mezza tinta presso lo Spazio Corto Maltese in Prati, ma di questo scriverò una prossima volta…).

Oggi voglio scrivere dello scrittore, sceneggiatore, disegnatore che ha creato personaggi come Sam Pezzo, Max Fridman e Jonas Fink. Concentrandomi soprattutto sul secondo, le cui storie coprono quasi tutto l’arco produttivo di Giardino, dal 1982 ai giorni nostri.

Una pagina di Rapsodia ungherese

E sono storie subito sovradimensionate rispetto agli standard. Storie lunghe perché Giardino ha sempre molto da dire, da raccontare, da far vedere, con una cura dei particolari maniacale fin dall’inizio, anche quando il segno – certo più maturo rispetto al personaggio dell’inizio, Sam Pezzo – sembra però ancora incerto sulla strada da seguire, con una matita che ha ancora delle nuances quasi rozze e un po’ espressioniste, soprattutto in certi visi. E così la prima avventura di Fridman, agente a riposo dei servizi segreti d’oltralpe (la “Ditta”) richiamato in servizio, si dipana tra Ginevra (dove lui, ebreo francese si è trasferito qualche anno prima), Budapest, Costanza (quella sul Mar Nero) e un’isola dell’Egeo. Tra agenti doppiogiochisti, nobili tedeschi, timide impiegate, killer spietati, sesso come moneta di scambio, la storia va avanti senza pause fino all’imprevisto scioglimento finale, in quel “grande gioco” dello spionaggio dove nulla succede per caso ma nulla, allo stesso tempo, è come appare.

Un’altra pagina di Rapsodia ungherese

Dicevamo del segno di Giardino. Che da grande appassionato e cultore di fumetti si è ovviamente ispirato a grandi disegnatori venuti prima di lui. Leggete cosa dichiara Giardino in un’intervista a Leonardo Gori: “Fridman ha tantissimi debiti indiretti, fra cui anche il Paperino di Barks, ma uno solo diretto: Corto Maltese di Hugo Pratt. E non tanto per l’ambientazione storica. C’è una storia di Pratt che somiglia moltissimo ad un determinato racconto di Jack London. Ebbene, in quella storia Corto dice, en passant: ‘Ho conosciuto un Jack London, in Siberia, tempo fa…’. Questo utilizzare la Letteratura come fosse vita, queste citazioni non dotte, non gratuite, ma utili per caratterizzare i personaggi, sono cose che io ho tentato di seguire”. E anche nel segno in questa tavola (come in tante altre) c’è un forte debito con Hugo Pratt. Guardate il frame in alto a destra, quando il tassista prende a cazzotti Fridman che cade: se non è un omaggio a Corto questo…

Una pagina di No Pasaràn

Dopo Rapsodia ungherese e la seconda avventura di Fridman, La porta d’oriente, che è del 1985, Giardino lascia il suo eroe “in sonno” per quasi quindici anni e si dedica a un altro personaggio Jonas Fink, giovane ebreo praghese la cui storia inizia negli anni 50, di cui progetta una trilogia (ma al momento sono uscite solo due – bellissime – storie, L’infanzia e L’adolescenza). Poi torna a Fridman con un’avventura ambientata nella Guerra di Spagna, intitolata No pasaràn, che gli prende un po’ la mano e si espande a poco a poco fino a diventare una trilogia che lo impegnerà per dieci anni (l’ultimo episodio è del 2009). Il segno, come vedete a sinistra, è molto maturato, attraverso l’esperienza di Jonas Fink: è più “calmo” e insieme preciso, sempre accuratissimo ma meno affastellato – e i tetti policromi di Barcellona gli offrono possibilità calligrafiche strepitose. La storia vede Max tornare sullo scenario della guerra civile spagnola, da cui si era  allontanato dopo essere stato ferito, per cercare un amico scomparso, ebreo anche lui. Fridman è un eroe atipico, commerciante di tabacco, benestante, colto, borghese, con una figlia, Ester, anche lei con i capelli rossi.

Un’altra pagina di No pasaràn

Sentiamo ancora Giardino sul suo eroe. “Il personaggio è frutto di un’accurata progettazione. Io so molto di più, del passato di Fridman, di quanto abbia scritto e scriva. So che scuole ha fatto, conosco le vicende della sua infanzia, conosco sua madre – che pure non è mai comparsa, e forse non comparirà mai. È solo se tu sai queste cose, che puoi mettere in bocca al personaggio le parole giuste”. Sa talmente tanto che da poco è uscito un libro, edito anche questo da Spazio Corto Maltese in 500 copie numerate e firmate dall’autore, che si intitola, con un bell’ossimoro, L’avventuriero prudente. Un titolo adattissimo a questo eroe così atipico, del quale vengono raccontati, ma per iscritto, non con i fumetti, dei Frammenti di biografia, alcune tranches de vie che dalla nascita  alla fine dell’ottocento ci portano fino al 1938, l’anno in cui inizia Rapsodia Ungherese, ma anche, se non erro, l’anno in cui sono ambientate finora tutte le storie di Fridman.

 

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