Non appena mi riprendo dal volo senza rete sul duro asfalto della via Tiberina (stamattina andando a Roma son voluto ripassare sul luogo del “delitto”, in macchina ovviamente) mi aspetta la vigna da potare.
Ormai sono cadute tutte le foglie e si può cominciare. Si tratta di potare e spicciare. Dai tralci dell’anno scorso scegliere i due che, piegati e legati all’uopo, daranno vita ai tralci di quest’anno. È un po’ una mini-fatica di Sisifo: arrivati in cima (finita la stagione, mentre il vino matura nelle botti), il masso scende e si ricomincia la salita (si pota, si spiccia, si lega, si scacchia, si dà la bordolese, si riscacchia, si legano i tralci nuovi e via dicendo…). Ma è una fatica bella, non come quella del povero Sisifo, che non aveva certo la soddisfazione di vedere il proprio vino maturare e diventare buono (nei limiti consentiti al piccolo produttore un po’ analfabeta e autodidatta, s’intende).
La vera fatica non è tanto potare, comunque. Lì si tratta di ragionare un poco e di cercare di selezionare i due tralci che terranno più bassa possibile la pianta (Franco dice: per evitare che ci sia troppo legno da nutrire prima di arrivare all’uva….) e insieme garantiscono di portare a loro volta il frutto (sono quelli che già hanno dato grappoli l’anno prima; gli altri sono i tralci chiamati “fronnaroli” – cioè frondaroli – che hanno portato e quindi porteranno solo fronde e dunque vanno eliminati con cura).
La vera fatica è spicciare: perché i tralci dell’anno precedente si sono attaccati ai fili dell’impianto, si sono intrecciati tra loro e vanno staccati per lasciare i fili liberi per i tralci che verranno. E non è una cosa veloce. Soprattutto per chi, come me, i tralci che stacca li conserva per farli seccare tutto l’anno e utilizzarli l’anno dopo, tagliati della giusta misura, come legnetti con i quali iniziare il fuoco nel camino e nella stufa. Ma quest’anno dovrei avere chi mi aiuta (quelli ai quali regalo il vino poi si sentono in dovere di dare una mano…). E quindi probabilmente farò abbastanza in fretta.
Poi, entro marzo bisognerà fare la legatura, prima che la vite cominci a “lacrimare” (quando arriva la primavera i tralci tagliati secernono linfa, come se la pianta piangesse). Ma da qui a fine marzo ci sono novanta giorni. Magari quest’anno, nonostante il volo (e la planata) sull’asfalto, riesco a rispettare i tempi.