Il titolo è strano. “Zeitoun”. Ma in realtà è un cognome, il cognome del protagonista del libro che ho finito di leggere stamattina a ore antelucane.
Anche se forse il vero protagonista del romanzo-non fiction di Dave Eggers è l’uragano Katrina, quello che fece crollare gli argini del lago Pontchartrain, riducendo New Orleans a una specie di Venezia alluvionata, dove l’America di Bush ha dato pessima prova di sé, con soccorsi in ritardo, caos diffuso, pessima organizzazione, priorità sbagliate (si allestisce a tempo record una prigione tipo piccola Guantanamo mentre le migliaia di cittadini rifugiati nel Superdome, il grande stadio del Superbow, mancano di tutto).
Dave Eggers è un gran bel tipo, scrittore ma non solo, organizzatore di cultura, fondatore di un sito-rivista più unico che raro, McSweeney, guardare per credere, di una scuola di scrittura, di una casa editrice e di chissà quante cose ancora in solo 41 anni (è del 1970). Prima di Zeitoun ho letto altri due libri. Il primo, “L’opera struggente di un formidabile genio”, è bello, una prova di virtuosismo di scrittura quale raramente ho visto, con una capacità di affabulazione assolutamente straordinaria, che forse però alla fine – va detto anche questo – un po’ può stancare.
L’altro, “Erano solo ragazzi in cammino”, racconta la storia vera di Valentino Achak Deng, uno dei Lost Boys del Sudan, quelle decine di migliaia di bambini costretti alla fuga a piedi attraverso Etiopia e Kenia durante la guerra civile in Sudan. Un libro, anche questo – anzi, già questo – di non fiction, assolutamente coinvolgente e commovente costruito e raccontato in modo magistrale.
E veniamo a Zeitoun. Il protagonista, immigrato siriano e imprenditore di successo – ha una ditta di di tinteggiatura e ristrutturazioni, lavora come un matto ed è arrivato a possedere molte case – quando arriva l’uragano decide di non lasciare la città. E quando il lago tracima, invadendo con le sue acque la città, gira per le strade della Big Easy allagata con una canoa, portando aiuto a persone e animali. Parla ogni giorno con la moglie rifugiata con i quattro figli in Arizona da un’amica e si dà da fare come può sentendosi utile ai suoi concittadini, dormendo la notte in una tenda sul tetto. Fino a che lui e tre amici, tutti per motivi vari rimasti in città nonostante l’ordine di evacuazione, cadono nelle grinfie di non si capisce quali forze dell’ordine e vivono una carcerazione da incubo sulla quale pesa oltretutto il suo essere di origine siriana e per di più musulmano.
Eggers ha ricostruito con lavoro certosino tutta la vicenda dalla viva voce dei protagonisti e montato il tutto con l’abilità dello scrittore consumato. Viviamo così tutti l’esperienza di Zeitoun e di sua moglie contro l’altra faccia degli Stati Uniti, con tutte le storture del dopo 11 settembre, la cocciuta lotta di Abdulrahman e Kathy per i propri diritti, il crollo nella disperazione e poi la risalita nella speranza. Una vicenda che ha lasciato sui protagonisti segni indelebili, cicatrici profonde nell’animo, ma non ha tolto loro la voglia di andare avanti, di fare. “Non ha altra scelta, deve avere fede. E dunque costruisce, perché costruire, e ricostruire, e ricostruire ancora, cos’altro è se non un atto di fede?”