Dodici anni su quel divano

Ho letto sul giornale che è morta la mia analista. Confesso che mi ha fatto un certo effetto. Qualche tempo fa mi chiedevo che fine avesse fatto la dottoressa F., ho cercato su Youtube e ho visto che fino a due anni fa era ancora viva. Non proprio in ottime condizioni ma in grado di intervenire a un convegno. Adesso la notizia della sua morte.

Le devo molto. Dodici anni su quel divano/lettino mi hanno insegnato almeno a convivere con i miei problemi. Sono entrato in quella stanza perché stavo davvero male. Mi ricordo che andai da P. per chiedergli aiuto ma lui mi disse che ci conoscevamo troppo bene perché potesse essere lui il mio analista e così mi mandò da un suo amico/collega. Che però non poteva prendere altri pazienti e mi consigliò a sua volta la dottoressa F. All’inizio l’idea di un’analista donna mi lasciò un po’ perplesso. Poi però mi sentivo così male che decisi di iniziare l’analisi.

Io ero convinto che all’origine di tutto ci fosse un problema di rapporto con mio padre. Ci ho messo qualche anno a cambiare prospettiva. Non è stato un cammino facile. Non credo di essere stato un paziente facile, con la mia tendenza a divagare. Ma lei non si faceva fuorviare dalle mie digressioni e mi riportava sempre al punto. Ho vaghi ricordi di quel periodo. Ricordo sedute interminabili senza dire una parola, o altre con pianti ininterrotti dall’inizio alla fine. O altre dalle quali uscivo confortato e deciso a prendere in mano la mia vita come il divino camaleonte di Pico della Mirandola, salvo poi ripiombare dopo un po’ nei soliti giochi. Ricordo con una certa tenerezza che “costrinsi” la serissima dottoressa F. a guardare qualche puntata di Beautiful (di cui allora non perdevo un episodio, magari registrandolo), per capire meglio i miei continui riferimenti a Ridge e Thorne, i due fratelli Forrester, quando mi concentrai a lungo sui rapporti tra me e mio fratello.

Alla fine, dopo dodici anni (tre sedute a settimana) lei decise che potevo camminare con le mie gambe (o forse non ne poteva più di me) e pose fine all’analisi. E io andai avanti con le mie gambe, magari a volte con le stampelle…

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