Alla vigilia della fine del mondo

Che cosa abbia fatto in seguito non l’ho mai saputo; alla metà degli anni sessanta era entrato nel mio radar con due canzoni fulminanti ma ne era poi subito uscito. E non l’ho più incrociato. (A leggere la voce a lui dedicata su Wikipedia, probabilmente non ho perso molto.) In quegli anni, del resto, c’era talmente tanta buona musica…

Ma l’exploit di Barry McGuire nel 1965 con Eve of destruction, seguito l’anno dopo da una splendida versione di You were on my mind (in confronto alla quale la versione italiana Io ho in mente te dell’Equipe 84 letteralmente scompariva) era stato un “uno-due” fulminante, davvero da knock out. (Se volete ascoltare Eve of destruction, cliccate qui).

UnknownScritta da P.F. Sloan (chitarrista ed autore al quale dobbiamo anche, tra l’altro, l’intrigante introduzione di chitarra a California dreamin’ dei Mamas & Papas) Eve of destruction è la classica protest song, dai toni un po’ millenaristici. Il tema, se volete, è lo stesso della quasi coeva A hard rain’s a-gonna fall di Bob Dylan, la catastrofe atomica prossima ventura. Il testo di P.F. Sloan è decisamente meno bello, meno visionario e più didascalico di quello di mr. Zimmerman, ma la musica, beh, quella è trascinante, così trascinante che anche se non capivi tutte le parole restavi lì, incollato, ad ascoltarla mentre il 45 giri suonava nel mangiadischi rosso.

L’ho ascoltata stamattina in una compilation che ho fatto qualche anno fa con grandi pezzi degli anni Sessanta e mi ha catturato come sempre. Ho pensato che forse dovrei ricominciare a parlare un po’, qui sul blog, di quelle canzoni e di quei tempi. Per chi c’era – è bello condividere ricordi comuni – ma anche per chi non c’era o non ascoltava quella musica. Perché davanti al deserto di oggi, allora l’acqua scorreva potente in mille rivoli…

 

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