Ieri siamo stati a San Martino al Cimino a visitare (quello che si può) del Palazzo Doria Pamphilj che dall’alto domina, accanto alla chiesa abbaziale dedicata appunto al santo di Tours, il paese. È bella San Martino, splendida nel suo impianto “d’autore”, attribuito a Francesco Borromini, con le casette le vie e le piazze circondate dalle mura che le danno la caratteristica forma più o meno ellittica. Peccato per le tante troppe automobili che la assediano un po’ dappertutto – ricordandoci che siamo nel 2018, non nel 1650…
La visita è stata interessante, anche se un po’ sbilanciata nella parte “parlata”, la prima, davanti a un plastico del paese, che è stata pure interessante ma anche un po’ troppo lunga. Il palazzo è ancora in restauro – e anzi lunedì incomincia un’altra fase dei lavori – ma sono state molte le cose da vedere.
A partire dal Cantinone, l’antico Spedale dell’abbazia per i pellegrini che attraverso la via Francigena andavano a Roma (il Palazzo così com’è oggi è stato costruito alla metà del 600 dalla famosa Donna Olimpia sul vecchio palazzo abbaziale) che sarà tra le prime parti a essere restaurato e riportato alla struttura e al pavimento originale a sassi, dopo l’intervento di sei anni fa – così ci è stato detto – che rifece il pavimento in peperino (per di più non di prima qualità) in occasione di un pranzo/evento di rappresentanza voluto in quei locali durante il governo Berlusconi. (Dicono che quel restauro costò più di 50 mila euro: a proposito di “buongoverno” e di oculata gestione dei soldi pubblici…).

Una delle due navate del Cantinone. Per costruire il palazzo seicentesco ne vennero rinforzate le strutture medievali, ricoprendo le colonne con pilastri e lesene e con nuove volte a crociera
Belle le scale, quella borrominiana (che nei secoli divenne una sorta di cava per costruire altre parti del palazzo, e dunque è stata rifatta) e quella berniniana, che ricorda un po’ quella di palazzo Barberini a Roma.
Belle anche le stanze, con splendidi soffitti e pregevoli affreschi e stucchi. Secondo la nostra guida, nel palazzo lavorarono i più rinomati artisti dell’epoca, da Domenichino a Pietro da Cortona – e del resto a Olimpia Maidalchini, potentissima cognata del Papa Innocenzo XI, non si poteva dire di no.

Il soffitto della stanza di Donna Olimpia era mobile: con un sistema di carrucole poteva venire abbassato d’inverno per riscaldare meglio l’ambiente. A vederlo oggi sembra un po’ complicato…
Prima di andare via siamo stati a rivedere la grande chiesa cistercense in cui, qualche anno fa, abbiamo ascoltato uno splendido concerto di Jordi Savall e del suo gruppo Hesperion XXI, tutto dedicato a musiche del medio oriente.
Credo che tornerò presto a San Martino, magari già nel tardo autunno. Perché tra i miei ricordi c’è anche quello di una pregevolissima zuppa di funghi gustata in uno dei ristoranti del paese. E certi ricordi vanno rinfrescati…