Sta per andare in pensione, il mio iPhast. Sostituito da un iPhaster, l’ultimo modello (quello che fa pure il caffè). Ma, prima di cedere le armi, l’ex ragazzo vuol dire ancora la sua. E, complice questo inverno strano, mi regala due mattine di fine gennaio (il 25 e il 31) che valgono la pena di un post.
La prima, quella del 25, con sveglia (alla lettera) antelucana. Erano le 6 e 32 quando restano intrappolati nella mia memoria digitale questo cielo che si apre alla luce (con il blu della notte che piano piano trascolora) e il falcetto di luna (ma quello vero era ancora più sottile e quasi illuminato di luce propria).
La seconda mattina, l’ultima del mese. Un’ora e spiccioli più tardi. Quando ho aperto le finestre, alle sei – sei e mezza circa, c’erano solo le nuvole e quasi niente luce. Ma poi, dal letto, ho intravisto che le cose erano cambiate. Con uno sforzo sovrumano mi sono rialzato e ho inforcato l’iPhast. Erano le 7 e 34. Ed ecco il risultato.