La scorsa settimana ho fatto due passeggiate un po’ più lontano da casa del solito (ma solo un poco). Prima sono andato ai Prati di Cottanello, di cui mille volte avevo sentito parlare, dove avrebbe dovuto portarmi a cercare funghi una persona conosciuta da poco e per troppo poco, e che finalmente ho affrontato in una mattina assolata ma un po’ velata. Ho lasciato la macchina troppo presto sulla sterrata così, complice il fatto che si era fatto un po’ tardi, sono arrivato solo alle Casette (dove ho fatto la prima panoramica) e sono tornato indrè. Ma tornerò. Oh, se tornerò…

La seconda passeggiata invece l’ho fatta lasciando la macchina al bottino dell’acqua sopra San Valentino, dove finisce la strada asfaltata. Di lì salendo lento e inesorabile (mi piacerebbe…) dopo due chilometri e picca si arriva a un quadrivio che avevo già segnalato in un post per la sua ineffabile segnaletica sabina. Lì ero salito sempre a destra. Stavolta, seguendo le indicazioni del mio amico parrucchiere Mario, che i Monti Sabini li conosce davvero, sono salito a sinistra. Cinque minuti e poco più e si arriva alla sommità di Monte Caro, una radura da cui la vista spazia quasi a 360 gradi. Ed ecco la seconda panoramica.

La spianata in primo piano, poi alcune “cime ” più basse proprio sopra Poggio Mirteto (la seconda da sinistra è quel Monte S. Cosimo dove ci sono i ruderi del monastero dei Santi Cosma e Damiano), sullo sfondo il Soratte e, persi tra le brume, anche i Monti Cimini. Lassù, solo il vento, il sole, il silenzio. Mi raccontava Mario di averci passato una notte di S. Lorenzo insieme ai figli a guardare le stelle cadenti. Deve essere una bella esperienza.