Ho una grande ammirazione per quelli che hanno scrivanie linde e pinte, con niente o quasi sopra, ben spolverate e pronte per essere spolverate ancora e ancora, più volte al giorno, per estirpare il minimo granello di polvere che osi posarsi sulla loro superficie.
(Bugia: mi fanno un po’ pena, a dire il vero.) E che sia una bugia lo dimostra la mia scrivania (che in realtà sono due scrivanie messe ad angolo), in cui tra carte, piante (che

compro quasi tutte da Ikea), computer, penne, matite e cianfrusaglie varie, di spazio per la polvere ne resta poco. Anzi, non ne resta affatto.
Non c’è che dire: sono un “impilatore” nato (adoro creare “torri” di oggetti, sfidando la forza di gravità, e anche un po’ il buon senso). Il mio esempio irraggiungibile era mio zio Adriano. La cui scrivania era stracolma di carte, di pile di carte di ogni tipo, e di libri. E zio si arrabbiava assai quando tentavano di spolverare e di mettere un po’ d’ordine in quel guazzabuglio che però aveva una sua logica. “Così, diceva zio, trovo sempre tutto. Se mi mettete ordine, mi rovinate: non troverò più niente”.