Avevo scommesso con me stesso che l’avrei fatto. L’ho fatto e dunque ho vinto. (Ma avendo scommesso con me stesso, anche se non l’avessi fatto, non avrei vinto lo stesso?).
Sto parlando del bagno in piscina, primo bagno della stagione nella piscina appena aperta, che oggi ho fatto dopo l’impegnativa autoscommessa. Ore 13 e rotti. Temperatura esterna: calda (27 gradi all’ombra?). Temperatura dell’acqua, secondo il poco credibile (nel senso di ottimista) termometro galleggiante: 22 o addirittura 23 gradi.
Breve conciliabolo tra me e me.
– Lo fai?
– Boh…
– Eddai…
– Vabbè
e poi la decisione diventa atto. Una scommessa è una scommessa, mi dicevo, mentre quasi in contemporanea mi rispondevo con il dubbio su accennato tra parentesi.
Un rapido footie, come prova (parziale) dell’avvenimento. Una veloce sciacquata sotto
la doccia lì accanto (freddina), due gradini e via il tuffo. Entrare nell’acqua, rischizzare in alto, fare marcia indrè e riuscire: il tutto in circa 15 secondi, un record. Dopo pranzo (manco pesante: un po’ di pane e pomodoro, senza vino), stremato cado in coma per circa due ore.