Forse mi sono montato la testa, non lo so. Forse è l’uggia della pioggia, e il prato che sembra un piccolo pantano (oggi ho fatto un piccolo giro in macchina per andare a lezione da Chris a Passo Corese e non ho mai visto tanta acqua in giro, ferma nei campi in piano e ruscellante in quelli inclinati).
Quali che siano le cause scatenanti, ho appena fatto una cosa cui pensavo da tempo (per l’esattezza da quando ho arricchito il mio blog con la possibilità di inserire file audio e video).
Anche la sorte mi ha dato una spinta: cercavo, in questa specie di diario on line che porta il mio nome, quello che ho scritto un anno fa; e se il 31 gennaio del 2013 non ho trovato niente, alla data 4 febbraio (quella successiva più vicina) ho riperticato un post sulla poesia che Giuseppe Gioacchino Belli aveva dedicato al “beato di famiglia”. Una poesia che s’intitola Li Morti arisusscitati, un singolare episodio di “resurrezione della carne”.
E allora, interpretando la coincidenza come un segno del destino, ho vinto la mia naturale ritrosia (vi prego, fate finta di crederci) e, visto che avevo già fatto qualche prova, ho provato a leggerla, quella poesia, e a registrarla sull’Ipad. Buon ascolto
L’ha ribloggato su enricogalantinie ha commentato:
Trovo questo exploit di cinque anni e decido che, sebbene possa fare di meglio, non farò di meglio (nel senso che non ripeterò il tentativo). Ma siccome la poesia del Belli è bella e resiste anche alla mia recitazione, ri-posto il tutto, nel nome del Beato Galantini