Qui in clinica ho un sacco di tempo per la musica. E, a parte la dose quotidiana di Selling England by the pound (un vero e proprio tonico ricostituente dell’anima), mi sono tornati assai utili i 60 (circa) giga di “robba” stipata con il tempo nell’itunes del macbookpro. Che piano piano, a rotazione, mi scarico sull’Ipad e poi ascolto nel silenzio (rotto solo da lontane urla) della mia “cella”.
Tra tutta questa “robba”, un album che, non so perché, ricordo solo adesso, e siamo al numero 19, tra quelli della mia vita. Quando nella mia vita è stato sicuramente almeno tra i primi cinque, uno spartiacque di bellezza e sincerità. Sto parlando di Blue di Joni Mitchell: trentacinque minuti e rotti di pura felicità, dieci songs una più bella dell’altra, melodie e testi indimenticabili, con arrangiamenti che definire minimalisti è poco ma che suonano incredibilmente pieni. Canzoni come All I want, Little Green, Carey, A case of you, California (ma anche tutte le altre) hanno suonato innumerevoli volte sui miei giradischi, musicassette, cd negli anni, come sottofondo pieno ai miei 18 anni, ai 25, ai 29, ai 33, ai 40 (cito un po’ di numeri a caso tanto per dire che è una delle vere colonne sonore della mia vita).
E me ne ricordo adesso, dopo altri 18 album… Deve essere l’Alzheimer, scusa Joni.
PS Guardando su Wikipedia, mi sono reso conto che Joni Mitchell (nata il 7 novembre 1943, auguri!) è coetanea di Mick Jagger e di Mario Monti…