Ne parlavo ieri con Diego e con Cristina. E quest’anno l’avevo già fatta due volte. Un piatto che più stagionale, anzi microstagionale, non si può. Un piatto tipico della Bassa Sabina, per quanto ne so. (Anche se potrebbe essere di dovunque ci siano piante di fico…). Sto parlando della frittata di “ficucelli”, che oggi abbiamo preparato per mio fratello Angelo.
Dunque, i ficucelli sono, lo dice la parola, piccoli fichi, appena sbocciati (o comunque sbocciati da poco: possono essere anche più piccoli di quelli qui sotto).
Vengono tagliati a fettine e poi fatti andare nell’olio in cui sono stati imbionditi un paio di spicchi d’aglio (io poi aggiungo anche un bel po’ di vino perché se no i ficucelli col cavolo che si cuociono…)
E poi si fa come una frittata normale, inutile dire passo dopo passo ciò che tutti sappiamo
E così siamo arrivati al piatto di oggi: frittata e bieta di campo, raccolta dal sottoscritto vicino alla legnaia, e mangiata così, lessata, con olio e sale (la foto è stata fatta dopo un paio di bocconi…). Un sapore assai particolare, con il dolce dei fichi mitigato dall’aglio e dall’uovo. I paesani con i ficucelli fanno anche la pasta e il riso. Prima o poi proverò.
Se non era per le uova, altro che chilometro zero. I fichi sono di un albero sopra la piscina: distanza dalla cucina, una trentina di metri. La bieta è di campo, anche lei a non più di trenta metri. Oggi, ahimè, non ho bevuto vino. L’altra volta ci avevo accoppiato il nostro bellofausto 2011. Niente male.





beh molto interessante e direi appartenente a una categoria di cibi che o sono m. 30 o niente…