La droga di carta

Ci sono ricaduto. Lo confesso. La cosa si è reimpossessata di me. Ho provato per un po’ a fare il bravo. A leggere cose intelligenti o addirittura utili. Avevo cominciato da poco: “Artiglieria alpina sull’Adamello” (sì lo so, non è che il titolo sia troppo accattivante, ma non l’ho deciso io, e il libro non è affatto male), i ricordi della prima guerra mondiale di un eroe, il capitano Ildebrando Flores. Uno dei libri che avevo comprato per cercare di saperne di più, di capire di più, su come deve essere stata la vita di Adriano Novi Lena in guerra (anche se il conflitto sull’Isonzo doveva essere assai diverso da quello in montagna, sempre di artiglieria si trattava). E ne ho letto un po’ con interesse.

Ma l’altro giorno, in edicola, dopo aver fatto man bassa di riviste con cd, l’occhio mi è caduto su uno di quei volumoni, davanti ai quali alla fine non resisto. Un super pocket-Best thriller, 700 pagine a soli 6 euro e 90 centesimi (un centesimo a pagina, un affare).Titolo: Il giuramento, di Jean-Christophe Grangé bestsellerista francese, di cui avevo letto più di un romanzo in passato. Il fiume di porpora, Il concilio di pietra, L’impero dei lupi. Storione, storiacce, sempre svariate centinaia di pagine in cui succede di tutto e di più, sul versante noir ma con quel pizzico di sovrannaturale che non guasta mai. Di quelle che, mentre ti chiedi come cavolo ha fatto a pensare certe trame, non riesci a smettere. Magari pensi come Totò “voglio vedere dove vuole arrivare”, ma vai avanti come in un sogno (o un incubo) legato a quelle pagine fino allo scioglimento finale. Poi ti dici che devi smettere, ma sai già che non lo farai.

Insomma, come avrete capito, l’ho comprato, l’ho iniziato e ormai sono incollato a queste pagine. Mi vergogno? Sì, un po’. Smetterò? Sì, fino alla prossima ricaduta.

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