Hallelujah! Oggi avevamo ospiti a colazione e Daniela mi ha chiesto di far assaggiare il nostro vino. Ovviamente a gennaio è ancora assai giovane, giovanissimo, troppo giovane, direi. Ma se il rosso come sempre promette bene: ha un gran colore rubino e ha bisogno solo di un po’ di tempo per maturare ancora, la sorpresa è stata il bianco, il bellofausto 2011.
Averlo svinato il primo giorno, con meno di 24 ore sulle bucce, fa sì che il colore sia molto più tenue del solito: invece del consueto giallo carico tendente all’ambra (stavo per scrivere “arancione”, termine non contemplato dai sacri testi), per capirci il colore del Frascati de ‘na vorta (il vino che accompagnava l’abbacchio), quest’anno è un giallo paglierino che tende semmai all’oro. È ancora torbido, ovviamente: io il vino non lo chiarifico, ci pensa la natura col freddo dell’inverno a farlo. E se resta un po’ torbido anche a giugno, beh, va bene così…
Ma è il gusto che mi ha sorpreso. Non è come ogni anno, il tipico vino del contadino con quel retrogusto che non so descrivere ma che tende a un amaro che non mi piace punto. No. Quest’anno ha una nota quasi dolce (deve ancora maturare e probabilmente questa se ne andrà o comunque si attenuerà assai) ma è delicato e si beve molto bene. Frutto dei “cambi” più frequenti del solito, certo, che hanno ridotto il contatto con le fecce, ma forse anche della raccolta “precoce” intorno al 10 settembre (qui di solito la vendemmia è ai primi di ottobre e così avevo fatto sempre anch’io), quando l’uva magari ha meno zuccheri ma più profumi e acidità.
Vedremo. Certo che se continua così è una svolta. Oltre che bellofausto, questo 2011 rischia di essere anche buonofausto…
