Gli album della mia vita #1. Attraverso gli occhi di Ian

Ci sono a volte degli album – stavo per scrivere degli elleppì, cosa che avrebbe svelato subito la mia età – che, magari anche senza essere capolavori, ti entrano nella pelle e diventano parte di te. Poi ce ne sono altri che hanno lo stesso effetto e sono anche dei capolavori. È questo il caso di “If you saw thro’ my eyes”, di Ian Matthews, con il quale vorrei inaugurare questa specie di rubrica del mio blog.

Qui di lato la copertina intera (essendo uscito al tempo in cui gli album erano elleppì, le copertine erano cose serie) mostra il nostro pensoso che guarda fuori dalla finestra, mentre accarezza il gatto. Ian aveva allora 24 anni e aveva già attraversato i Fairport Convention, di cui era stato la prima voce maschile, e poi era stato anche primo nella classifica dei singoli inglesi con la versione di Woodstock (la canzone di Joni Mitchell) realizzata con i Matthews Southern Comfort (gruppo nato per il suo primo album solista e poi durato altri due album). Questo era dunque il primo album a suo nome realizzato per la Vertigo, con la supervisione di Paul Samwell-Smith, ex bassista degli Yardbirds e allora produttore, tra gli altri, di Cat Stevens. Ne seguì un altro, “Tigers will survive”, bello ma meno del primo. Poi il nostro creò i Plainsong, con l’amico Andy Roberts, conosciuto tramite Samwell Smith all’epoca di “If you saw thro’ my eyes”. Tre anni dopo emigrò negli States per iniziare un’altra vita, recuperando il vero nome di battesimo, Iain…

Ma torniamo all’album della mia vita #1. Dodici canzoni, in realtà 11, visto che “Hinge”, che chiude il lato a in una versione per archi, apre il lato b in una breve versione “a cappella”. Tutte di alto livello. Con alcune gemme. Sopra tutte la canzone che dà il titolo all’album, un’ispirata ballad mistico-religiosa, con il piano e la magica controvoce di Sandy Denny, l’indimenticata voce e tastiere dei Fairport Convention, e un tappeto di chitarra di Tim Renwick, uno dei più grandi sessionmen inglesi. Ma poi anche “Never ending”, “Hearts”, “Desert Inn”, “You couldn’t loose”. E poi smetto perché se no potrei/dovrei citarle tutte.

Non posso però non ricordare gli altri collaboratori di Matthews in questa “pietra emiliana ” della sua carriera (e delle mia esperienza di ascoltatore). Il grande, grandissimo Richard (The Fly) Thompson alle chitarre, Andy Roberts, anche lui alla chitarra acustica, Keith Tippet, al piano e la ritmica dei Fotheringay, Pat Donaldson al basso e Gerry Conway alla batteria.

In America, nella sua seconda vita, Matthews ha continuato a fare musica e produrre album. E così pure nella sua terza vita, di nuovo in Europa, in Olanda. La sua voce è rimasta quella incantevole e incantata dei vent’anni. Ma dietro non ha avuto più un Samwell-Smith. O forse è solo che i miracoli non si ripetono, se no non sarebbero miracoli.

Per chiudere, un piccolo aneddoto personale. Questo album è stato uno dei primi che ho trasportato da elleppì a cd. Ho lavorato molto con filtri vari per eliminare i fruscii del vinile d’annata e insieme non appiattire la musica. I risultati non sono stati eccellenti. Così, quando sul sito olandese di I.M. – che ha un’ottima sezione “Store” –, ho visto che era in vendita una ristampa di “If you saw thro’ my eyes”, con 30 copie autografate dall’autore, non ho resistito e ne ho fatta mia una di quelle con la firma di Iain. In tutta la mia vita ho chiesto solo un altro autografo, ma questa è un’altra storia…

La seconda e terza pagina del booklet del cd con l’autografo di Ian, anzi, Iain Matthews

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