L’ultimo pensiero per il suo Enrichetto

Cinque giorni prima di morire, a soli 44 anni e dopo aver partorito 9 tra figli e figlie, il 6 luglio del 1888 la mia bisnonna Ernesta Lopez-Celly fa un ultimo regalo al suo piccolo Enrico, mio nonno. Consumata da un «cancro uretrale vaginale», come scrive senza perifrasi nel quaderno di famiglia suo fratello Filippo, Ernesta appone «dal letto di dolore» una firma incerta a una dedica che sembra scritta con la grafia di Tito Chierici (ma all’epoca, quando scrivevano “in bella”, tutte le grafie erano simili…).

Il libro, che nonno Enrico conservò gelosamente per tutta la vita, ricoperto di carta fiorentina color avorio con piccoli gigli marroni, e che per li rami è arrivato fino. a me, è un classico: il Cuore di Edmondo De Amicis.

Il libro, giunto alla 65a edizione un anno dopo essere stato pubblicato, è di quelli che facevano piangere (a meno di non sorridere in quanto – almeno un po’ – infami…). E immagino che mio nonno, che aveva lo stesso nome del protagonista, abbia pianto non poco leggendolo e rileggendolo, anche per quella dedica. Ritrovando il libro e quella firma confesso che mi sono commosso anch’io…

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