Tutta colpa del pollo

Qualcuno dei miei amici si è stupito un po’ quando ha saputo che uno come me, non ateo ma sicuramente agnostico, stava scrivendo vite di santi. Non li biasimo: anch’io mi sono stupito un po’ quando ho cominciato a farlo.

Non avrei dovuto, però. Quando ero piccolo e, come tutti, pensavo a cosa avrei fatto da grande, a domanda rispondevo “l’ingegnere” – così papà era contento – ma dentro di me pensavo che avrei voluto fare il – pardon, avrei voluto essere un – santo. E avevo anche trovato la mia via verso la santità: sarei stato missionario tra i bambini dell’Africa, avrei fatto un sacco di bene e così mi sarei guadagnato il posto in prima fila in Paradiso.

Unknown polloMa la mia tensione verso la santità non durò molto. Non perché all’improvviso scoprii le ragazze e il fascino irresistibile della tentazione. No, quello avvenne dopo. Il motivo fu terra terra e legato al pollo. Non in quanto uccello vivo che non vola ma razzola. Ma come uccello morto che come cibo allietava nel dì di festa molte tavole del Belpaese tra cui la nostra. A me, che sono sempre stato una “bocca de ciavatta”, come si dice a Roma (espressione che in italiano vuol dire alla lettera “bocca di ciabatta” e in senso lato “schizzinoso”), a me, Enrico, che volevo fare il missionario e il santo, il pollo non è mai piaciuto per niente.

Così mia madre ebbe buon gioco a far rientrare le mie aspirazioni “alte”. «Ma lo sai, mi disse, che se fai il missionario poi il pollo lo devi mangiare?» Io la guardai come a dire: “E perché?” Alla mia tacita domanda mamma rispose spietata: «Perché i bambini dell’Africa il pollo se lo sognano la notte. E tu con che faccia andresti da loro a dire “no, il pollo non lo mangio perché non mi piace”. Che razza di missionario saresti?»

A questa logica stringente avrei potuto ribattere con qualche sofisma, se fossi stato il sessantaseienne di oggi. Ma ero un pischello che non mangiava il pollo (e nemmeno tante altre cose…) e restai senza parole, con gli occhi abbassati, un po’ vergognoso. Così alla fine accettai il fatto che non sarei stato missionario. E neppure santo. Ma continuai a non mangiare il pollo. Senza sensi di colpa.

 

2 pensieri su “Tutta colpa del pollo

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