Chop shop? Non ce l’ho, ma se vuoi shipshape…

Ho appena iniziato il nuovo romanzo di Michael Connelly, The gods of guilt, e lo leggo in cartaceo (verso i romanzi di MC ho una sorta di affetto e di voglia di possesso che mi porta a scartare, se possibile, il libro elettronico). Così però non ho l'”aiutino” dell’Oxford English Dictionary incorporato nel kindle e se c’è qualche parola o locuzione che non so (e ce ne sono, oh se ce ne sono…) o guardo su un dizionario, su carta anch’esso, o magari uso l’ipad e cerco lì la parola o il modo di dire sconosciuti.

la copertina e l'autore

la copertina e l’autore

Tutta questa premessa per dire che a un certo punto Mickey Haller (il protagonista del romanzo) parla di andare a un chop shop. Termine che non so cosa voglia dire (dentro di me penso a un macellaio, ma il senso non torna). Cerco sul dizionario dell’ipad e mi dice che non trova quello di cui ho chiesto. Ma poi, la riga sotto, mi chiede se per caso (modo gentile per non dirmi che sono rincoglionito e che non so neppure usare le parole giuste) non stessi cercando shipshape, espressione mutuata dal gergo marinaresco che, leggo di seguito, vuol dire più o meno “stare bene”, “essere in forma” (come il ponte di una nave dopo essere stato pulito dalla ciurma). Sono contento di avere appreso questo nuovo modo di dire (che forse, grazie al modo in cui l’ho appreso, non dimenticherò subito, come mi accade con il 90 per cento delle parole di cui vengo a conoscenza durante la lettura in lingua). Resta però la curiosità, che neanche Wikipedia riesce a soddisfare, su che cosa sia un chop shop.

Ci ha pensato stamattina Chris, il nostro grande maestro sulla scacchiera della lingua inglese. Chop shop, termine tipicamente Usa, è una specie di sfasciacarrozze abusivo dove si fanno a pezzi le auto rubate. Non so se mi capiterà mai di usare questa parola in futuro, ma credo che neanche questa la dimenticherò tanto presto.

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