Casa dolce casa. Fredda casa. Dopo il caldo a volte asfissiante della clinica, brusco risveglio alla realtà. Ma il freddo (relativo, sui 17 gradi) non mi fa paura: basta coprirsi con un bel pile, tipo quello comprato quindici anni fa da LLBean a Newport, con le maniche larghe e lunghe, che uno volendo ci si può infilar dentro anche le mani. E poi, a letto, sotto il piumone fa sempre un bel caldo.
Al rientro i “ragazzi” erano un po’ perplessi. Mi guardavano come a dire: “e questo, mo’, da dove arriva. Ma non era morto?”. Solo Chicca ha fatto qualche danza in mio onore. Poi quando sono uscito di nuovo, invece, tutti addosso a farmi festa, soprattutto Orsetta, più svicolona e scodinzolona che mai. Tutti tranne Ragù, che guardava con aria un po’ preoccupata la stampella. Si ricordava evidentemente di quando, prima di partire, a scopo profilattico gliela feci assaggiare un po’ per smorzare la sua irruenza. Ma è bastato appoggiarla di lato perché venisse anche lui a festeggiare.
Dalla finestra il panorama è sempre quello, un po’ cupo vista la giornata. Fotografarlo è un modo per tornare alla normalità.

Dalla finestra oggi, poco dopo le 15
Da domani si riprende il lavoro sulla gamba. Gli esercizi li so ormai a memoria. La volontà non me la farò mancare. Ho deciso che devo recuperare presto al 110 per cento. Insomma: torno a bordo, cazzo! Anzi, non scendo affatto…
PS A proposito di freddo. Ho fatto un salto nel mio studio, a prendere una bottiglia di vino per stasera. Da più di un mese nessuno ci vive. Ci si è fatto giusto un salto ad annaffiare le piante o a dare una pulita per terra. Risultato: il termostato segnava 10,1 gradi centigradi. Un freddo fottuto. Domani mando la stufa a tutta legna…
this must be the place
cold place but mine