Ieri ho visto il film The History Boys, di Nicolas Hytner. Avevo il dvd da anni e mi ripromettevo sempre di vederlo. Poi era scomparso in una delle tante pile sorte quasi spontaneamente nel mio studio. L’altro giorno, mettendo un po’ d’ordine in vista dell’intervento che mi aspetta (se dovesse succedermi qualcosa, mi vergognerei di lasciare in giro tutto il casino in cui peraltro vivo benissimo – chissà che cosa direbbe di questo qualcuno che ne capisce di psiche e meandri vari), l’altro giorno, dicevo, l’ho ritrovato. E ieri sera ce lo siamo visto.
Non conoscevo il lavoro teatrale da cui è tratto il film, anche se ho letto tanti libri di Alan Bennet, sempre apprezzandone lo stile, l’eleganza e lo humor. Caratteristiche profuse a piene mani anche in questo The History Boys, la storia di otto ragazzi di Sheffield che si preparano all’esame di ammissione ai corsi di storia di Oxford e Cambridge, otto ragazzi e i loro professori. Dialoghi brillanti (così brillanti da essere a volte quasi faticosi da seguire), e assieme squarci di profondità notevoli, e da parte di tutti gli attori (la maggior parte dei quali, soprattutto i ragazzi, per noi perfetti sconosciuti) delle interpretazioni esemplari: il film ha tutto e anche qualcosa di più per coinvolgere, commuovere e anche far ridere.
Nel film vengono citati alcuni versi di una poesia (“MCMXIV”) di quel Philip Larkin, che avevo già incrociato qualche tempo fa. Una poesia molto bella sulla prima guerra mondiale, su come con essa è cambiata l’Inghilterra, perdendo per sempre la propria innocenza. Girellando per la rete (Amazon) ho scoperto che Larkin, oltre a quattro raccolte di poesia, ha scritto (in gioventù) anche due romanzi (“spiritosissimi”li definisce il recensore), attribuendoli a una scrittrice inventata di nome Brunette Coleman. Li ho ordinati. Spero di leggerli presto.

