Proviamo un po’ a descriverla, questa benedetta casa. L’ingresso era quadrato, anzi quadrotto, con due cassapanche in legno scuro intagliato e due enormi quadri del cinque-seicento che rappresentano il prima e il dopo del furto di frutta più punito della storia. Il “prima” consiste in un vecchio dio padre, con una lunga barba bianca, che ha appena finito di creare Eva da una costola di Adamo, nel frattempo opportunamente addormentato. Nel “dopo” c’è l’Arcangelo, con tanto di spada fiammeggiante, che scaccia i due dal Paradiso terrestre. Quest’ultimo quadro era messo in modo tale che Adamo ed Eva, se uscivano dal quadro, dovevano attraversare solo un muro per scendere nel nostro giardino.
Da piccolo pensavo che in fondo non gli era andata tanto male, visto che dal giardino dell’Eden erano passati direttamente in quello di casa nostra, che, se non era un paradiso vero e proprio, era comunque un bel posto da starci, soprattutto per noi bambini.
Ma torniamo alla casa. Dunque, sull’ingresso si aprivano due porte: entrambe a novanta gradi rispetto all’entrata della casa, erano l’inizio di due lunghi corridoi che erano lo spasso di noi bambini, dove facevamo spesso a “scivolarella” con le pantofole di feltro. Il corridoio di destra portava a quella che in seguito divenne la zona della nostra famiglia, vi si aprivano svariate porte a destra e a sinistra. L’altro corridoio era leggermente più corto, ma di poco. C’erano cinque stanze e tre bagni ed era la zona che papà e mamma all’inizio avevano usato come pensione. In seguito, quando l’appartamento venne diviso, divenne la casa della zia Nora e delle sue tre figlie.
Ma questa è un’altra storia.
