Sull’origine della casa della nonna Bice (in realtà la bisnonna Bice) ci sono teorie diverse. Io ho deciso di credere alla storia che mi ha raccontato lo zio Gustavo, il figlio dello zio Augusto, il primo nipote della nonna Bice. Secondo lo zio Gustavo la casa era della famiglia Corsi da almeno duecento anni, da quando era stata costruita, ai primi del settecento. Pur essendo ancora all’interno delle Mura aureliane, era una vera e propria casa di campagna, con tanto di vigna e stalle per gli animali. Poi, nel corso del tempo, gli annessi più propriamente rurali andarono scomparendo fino a quando, con la costruzione della ferrovia e della Stazione Termini, restò solo la villa circondata da pini alti e storti, con un corpo aggiunto sul davanti, un giardino sulle mura e un ingresso che saliva seguendo una ellisse e portava all’edificio principale.
Giacinto Corsi, il babbo della nonna Bice, aveva avuto un tracollo finanziario all’epoca dello scandalo della Banca Romana e aveva perso in quell’occasione quasi tutti i suoi beni. Gli era rimasta solo quella casa in cui si ritirò, travolto dalla vergogna. Non visse a lungo. Alla sua morte la casa andò ai figli. Ma tutti, tranne la nonna Bice, vendettero la loro parte. Alla nonna era toccato il pian terreno, con un giardino interno, un pezzo dei camminamenti delle Mura, un piano seminterrato trasformato in cantine. Ah, dimenticavo, la villa era chiamata da sempre “Il poggio”. Forse perché era rialzata di qualche metro dal piano della strada.