Quei pastori geniali

Per Marco.

Qualche anno dopo la morte di mia madre, mio padre si risposò con una cugina di secondo grado, anche lei vedova, anche lei con figli. Ma non andarono a vivere assieme: lei aveva con sé i genitori anziani e un figlio e dunque la cosa era assai complicata. Papà aveva proprio allora investito dei soldi in tre appartamenti a Ostia, a me intestati: due li affittò e uno lo tenne per i suoi week end matrimoniali. Un ménage da pischelli per due persone che pischelle non erano (stavo per scrivere “due persone un po’ stagionate”, ma poi ho pensato che in realtà erano più giovani di quanto non sia io oggi…).

A Ostia papà frequentava un ristorante di cui non ricordo né nome né ubicazione. Era uno di quei grossi ristoranti con sala banchetti, un po’ tristi. Ma si mangiava bene, davvero. Il proprietario era un signore di una certa età (e dagli, avrà avuto sì e no gli anni che ho adesso…) che era di Amatrice. Oltre al pesce, faceva anche tanti altri piatti, tra cui una matriciana davvero speciale. Qualche volta andai anch’io, con papà e sua moglie, a mangiare lì. E in quei casi per me la matriciana era d’obbligo (lo so, per alcuni avrei dovuto scrivere l’amatriciana, con l’apostrofo, soprattutto perché il patron da lì veniva, da Amatrice, ma nella querelle sul nome io opto decisamente per la versione senza apostrofo, non per ragioni storiche ma solo visivo-linguistiche).

Una sera chiesi al proprietario di raccontarmi la ricetta. E lui si sedette al nostro tavolo e me la disse, partendo dai pastori che in  montagna avevano poche cose con sé, tra cui il guanciale e delle trecce di pomodori, e ovviamente il pecorino, per cui, sosteneva, la vera amatriciana (come diceva lui) era fatta solo con quei tre ingredienti: niente vino o aceto o cipolla, nessuna insomma delle cose che Aldo Fabrizi cita nel suo sonetto-ricetta.

E io, più o meno, alla sua ricetta mi attengo. Aggiungo solo ai tre ingredienti (se ne potrebbe fare tranquillamente a meno: ma io non sono un pastore al pascolo…) la cipolla e il peperoncino. Ovviamente, perché il piatto sia buono, la conditio sine qua non è che gli ingredienti siano di qualità.

E cominciamo. Innanzitutto il guanciale: non la pancetta, meno che mai il bacon. (En passant segnalo che il nostro macellaio di Poggio Mirteto, che si chiama Facioni, ne fa uno straordinario, dai suoi maiali allevati a ghianda). Dunque, siccome non bisogna essere timidi, la mia dose di guanciale è di  50 grammi abbondanti a persona. Tagliato a dadini va messo in padella a fuoco lento fino a che i primi pezzetti cominciano a croccare (l’ideale è che la parte di carne sia quasi croccante e quella di grasso ancora morbidina). Lo si toglie dalla padella e nel grasso rimasto del guanciale si fa appassire, sempre a fuoco basso, la cipolla, per poi aggiungere il pomodoro – meglio fresco, meglio sbucciato, meglio senza semi, ma non siamo talebani, anche i pelati o la polpapronta possono andare, specie d’inverno – e un po’ di peperoncino (secondo il gusto e la forza del peperoncino, ovviamente). A questo punto il fuoco va alzato decisamente ed è meglio mettere il paraschizzi sulla padella per evitare disastri.

Nel frattempo si sarà portata l’acqua a bollore e quindi buttata la pasta (la tradizione dice: bucatini; io amo la pasta corta: mezzemaniche, penne, fusilli…): riuscire a sincronizzare i tempi è importante, se il guanciale non si fredda troppo è meglio. Nel tempo che cuoce la pasta il pomodoro si restringe e fa gli “occhietti”, come dice Fabrizi. Quindi lo si spegne

Fase finale (dove occorre mantenere calma e sangue freddo) Sul pomodoro va steso un bel velo di pecorino, poi la pasta, il guanciale, altro pecorino e, con la fiamma allegra, si gira il tutto ben bene. (Alla fine, se si vuole, anche un pochino di olio a crudo non ci sta male: secondo me sta bene quasi su tutto…).

Poi uno dice poveri pastori…

4 pensieri su “Quei pastori geniali

  1. proverò presto la ricetta pastorale, che mi sembra ottima.
    la mia prima matriciana soffriva di guanciale stagionato in frigo e allevato alla conad.
    poi ci avevo messo, forse, ingredienti superflui, come l’olio per soffriggere la cipolla, l’aceto, la pancetta, il parmigiano, ecc..
    sto andando alla riunione di famiglia organizzata dall’alessandra a casa di zia paola.
    mancano solo i laziali (voi, mio figlio).
    ti saluto tutti i parenti. baci. m

  2. Il tuo articolo mi ha fatto venire fame. Ma poi i pastori camminando con gli animali la smaltivano l’amatriciana io invece accumulo aime’

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