Palpitazioni

Ieri sera vado a letto come sempre verso le 10,30-11. Do un ultimo sguardo al cellulare e vedo su Whatsapp, nella chat di un gruppo in cui sto da qualche tempo, un post su un’iniziativa su cui sto lavorando da un po’ per un altro gruppo. E vedo dalla seconda riga che si tratta di un attacco nei miei confronti, ma non solo, con affermazioni un po’ deliranti, frutto di una rabbia evidentemente che acceca. Rabbia che magari ha sue ragioni oggettive – in questo gruppo sto facendo meno di quello che dovrei/potrei (non solo io, in verità ma questo non mi scusa) preso da altre cose che per me sono priorità più cogenti – ma la rabbia dà sempre frutti sbagliati e in questo caso dà un frutto che più sbagliato di così non si potrebbe, traducendosi in un’aggressione a freddo davanti a tutti, coinvolgendo non solo me ma anche altre persone che lavorano con me ad altre iniziative. Reagisco con un post in cui metto tutta la freddezza e la cattiveria di cui sono capace, cercando nel contempo di moderare le parole e di non utilizzare tutti gli insulti che mi vengono in mente. E intanto montano le palpitazioni.

Ne parlo con un’amica, telefono a un compagno di chat. Intanto nella chat c’è chi giustamente invita a smorzare i toni e cerca di ricomporre le cose invocando chiarimenti, Un’altra persona saggia suggerisce di riparlarne tra 48 ore e scende il silenzio. Tutto si placa. Tranne che dentro di me, dove aumentano le palpitazioni.

Dentro di me cresce anche la decisione di lasciare il gruppo che ha al vertice proprio la persona che mi ha attaccato. Quali chiarimenti sono possibili con chi non prova nemmeno a discutere con te in privato ma ti attacca direttamente in pubblico tacciandoti di scorrettezze che non solo non hai fatto ma che non sapresti nemmeno fare? No, grazie. Non fa per me. Non voglio restare sveglio la notte perché il cuore batte un po’ random.

Ho settant’anni, sono in pensione. Il tempo che mi resta non è così tanto e non voglio sprecarlo. Non prendo un euro da nessuna delle iniziative con cui collaboro ma anzi contribuisco a finanziarle. Sapete che è? La precondizione per lavorare con qualcuno per me, a questo punto della mia vita, è la stima. Che voglio sentire nei miei confronti e che devo provare nei confronti degli altri. E la stima è una cosa che va conquistata, va maneggiata con cura, va manutenuta, perché se si rompe non si riaggiusta.
Anche perché solo a pensare a questa storia mi rivengono le palpitazioni. E a noi cardiopatici le palpitazioni non piacciono

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