Son due giorni che vengo a Roma all’alba per fare la rassegna stampa su RadioArticolo1. Esco di casa qualche istante prima delle sei (stamattina il termometro segnava -1 e in effetti il parabrezza era coperto da un leggero strato di brina ghiacciata), guido con prudenza sulle curve che scendono verso la valle del Tevere e poi mi metto a 90 all’ora sull’autostrada in direzione di Roma (tocca risparmiare…). Arrivato al raccordo, taglio per via delle Vigne nuove, scendo verso Piazza Conca d’oro e il Ponte delle valli, imbocco la nuova galleria accanto alla ferrovia e sbuco all’uscita della via Tiburtina. Qui, sia ieri che oggi – erano circa le sette meno qualcosa –, ascolto le previsioni meteo (con la speaker che alla fine recita “a cura del servizio metèorologico dell’àeronautica”, appoggiando con bella evidenza gli accenti sulla “e” e sulla “a” e scandendo bene i dittonghi sui quali tutti di solito inciampichiamo).
L’effetto deja vu è stato accentuato, entrambe le volte, dal levarsi in volo in quel preciso momento di stormi di storni da dentro le mura del Verano, con i frattali superaffollati che disegnano nell’aria, così fitti e veloci che ti chiedi sempre come facciano a non morirne a decine ogni volta per collisione in volo. E mentre in macchina percorro la via Tiburtina, dagli alberi sulla strada e dall’interno del cimitero altri stormi di storni si levano, tanti e sempre diversi, che è meglio non distrarsi e concentrarsi sulla guida, se no c’è il rischio assai concreto del tamponamento.
Chissà se domani, alle sette meno qualcosa, la voce si ripeterà uguale (mi viene il fondato sospetto che sia una specie di sigla registrata: deve essere un incubo ripetere ogni giorno, più volte al giorno, quelle due parole in sequenza…) e nello stesso momento gli storni abbandoneranno il cimitero per esibirsi (gratis come Beppe Grillo da quando ha cambiato mestiere e imbonisce nelle piazze) nel mattino romano che piano piano prende colore…